1. Non è mai bello parlare male dei dipartiti, ma se i dipartiti in vita non hanno sempre avuto comportamenti corretti, forse dire la verità non è poi peccato. Le lodi sperticate al politico e magistrato Franco Frattini sono certamente state se non tutte almeno in gran parte meritate. Ma come dimenticare quando 2018 nell’emettere una sentenza in merito alla pratica venatoria nell’area contigua del Parco Nazionale d’Abruzzo sia andato fuori dalle righe, spinto probabilmente dal suo notorio spirito animalista e anticaccia? Successe quando nella sentenza di un ricorso al Consiglio di Stato di quell’anno nel dare ragione alla parte animalista che voleva impedire la caccia nelle aree laziali sterne al parco, mistificò il senso della Direttiva habitat europea, stabilendo che essa (la Direttiva) si occupasse anche di animali, mentre invece la stessa ha finalità prettamente di tutela e gestione ambientale, ovvero di habitat, ovvero della “casa” degli animali e della flora e non già della protezione degli animali selvatici o delle specie floristiche (di competenza di altre Direttive). Invece Franco Frattini, giudice, in quel caso affatto super-partes, appellandosi alla Direttiva Habitat decise che, stralciamo da un vecchio comunicato AIW, «il Consiglio di Stato ha infine chiuso la caccia nella fascia esterna del Parco Nazionale d’Abruzzo (versante laziale) stabilendo che andava chiusa con la motivazione di proteggere l’Orso marsicano.[…] Ma c’è un aspetto nelle motivazioni della sentenza che lascia desiderare e che fa intuire due cose: o una scarsa conoscenza della problematica da parte dei giudici (cosa peraltro comprensibile) o una scarsa capacità difensiva del mondo venatorio che evidentemente non ha saputo spiegare bene le ragioni dell’opposizione all’ordinanza di chiusura […].[…] stabilendo che “l’interesse pubblico consiste nella speciale esigenza di proteggere l’habitat di una specie protetta (…) deve ritenersi senza dubbio prevalente”. E qui casca l’asino: l’habitat di una specie non si protegge impedendo la caccia, ma impedendo la sua distruzione con strade, tagli forestali, urbanizzazioni e varie sfaccettature turistiche. I giudici sanno cosa sia un habitat? O credono, come sembrerebbe, che habitat sia sinonimo di orso bruno? E’ stato fatto presente questo aspetto ai giudici, i quali hanno sentenziato a danno di una categoria sociale che non c’entra nulla con la suddetta motivazione (per assurdo, avrebbero più responsabilità in merito gli organismi che propugnano sviluppi urbanistici e turismo, che non i cacciatori!)? […] una cosa è certa: non è l’attività venatoria nelle zone esterne al Parco a […] a danneggiare il suo habitat […]. Per concludere, resta il fatto che una sentenza, come la moglie di Cesare, non dovrebbe apparire solo giusta, lo dovrebbe essere. E in questo caso andavano tutelati e sanciti sia i diritti dell’orso, sia quelli dei suoi protettori, sia quelli della Società (l’orso è un bene di tutti), sia quelli dei cacciatori. Purtroppo, non pare che così sia avvenuto.» Visto che sono invece stati tutelati solo gli interessi dei contrari alla caccia! Ecco, quella sentenza non va quindi ad onore dell’allora giudice Franco Frattini, in quanto si fece condizionare dal suo pensiero personale anziché giudicare sulla base di fatti e dati oggettivi. E questo va detto, senza nulla togliere agli altri meriti dell’uomo amante della natura e magistrato.
  2. A distanza di dieci anni, si apprende che in Canada nel 2009 un branco di Coyote, animali simili ai lupi, ma di taglia minore e carattere aggressivo minore, uccisero e sbranarono un cantante folk allora alle prime armi, Taylor Mitchel. La cosa fece notizia, almeno in Canada, in quanto non si era mai verificato un fatto del genere. Ora, dopo anni di studi, i biologi della Ohio State University hanno stabilito che quell’aggressione fu dovuta al fatto che le prede di adozione dei Coyote in quella zona del Canada (Cape Breton National Park), le Alci, erano diminuite; ed essendo i Coyote abitati a quelle grandi prede, non ebbero problemi a prendersela con l’escursionista solitario. In pratica, gli studiosi hanno stabilito l’ovvietà, nel senso che come il proverbiale detto che l’occasione fa l’uomo ladro, così la necessità alimentare può trasformare i coyote ed i lupi in predatori di uomini, come i numerosi fatti storici (anche recenti e dei giorni nostri!) insegnano, sebbene testardamente negati (per principio!”) dai lupofili! E invece è vero, e sono altri studiosi di biologia ad averlo confermato, ovviamente non fanaticamente lupofili.
  3. Repetita iuvant! Ma questi “esperti” di lupi, orsi e natura e aree protette che bazzicano, scrivono e “conferenzano” dalle nostri parti, che esperti sono, visto che continuano a non conoscere fatti acclarati? O mistificano sapendo di mistificare? L’ultima è quella di chi ha scritto, a seguito del provvedimento del governo di poter intervenire sparando ai cinghiali urbanizzati, che: «La possibilità di cacciare un animale nei centri abitati causerà molte vittime accidentali anche tra gli esseri umani e la possibilità di eccezioni ai divieti di attività venatorie nelle aree protette incrementerà il bracconaggio, nonché la delegittimazione dei parchi nazionali e regionali». Si informi meglio: nei Parchi Nazionali americani (il non plus ultra delle aree protette mondiali, si noti bene!) l’eccessiva presenza di grandi animali (cervi in particolare) dannosi per habitat e specie floristiche ed animali minori, viene controllata regolarmente sparando loro e trasformandoli in prodotti alimentari che favoriscono commercio e creano posti di lavoro. O è un tabù farlo sapere agli italiani?
  4. Al solito, ma che razza di lupi ci sono in giro per le Alpi? A quale specie, sottospecie o razza appartengono? È mai possibile che pur di avere il lupo ci si accontenti di un lupo qualsiasi pur che sia lupo? Prendiamo ad esempio quello osservato e filmato tra le case della Val di Rabbi del Parco Nazionale dello Stelvio (settore trentino). Ma gli “esperti”, i tanti, troppi, esperti ormai presenti in Italia, hanno visto o meno quella ripresa e/o le foto? Eppure hanno avuto il coraggio di dire che sia un Lupo! Magari anche italicus! E, se non italicus, visto che la sottospecie vive solo sugli Appennini, a quale sottospecie appartiene? E’ certamente una pover bestia, anche ferita e menomata, forse presa in una trappola, ma di lupo ha talmente poco, che al massimo lo possiamo definire un ibrido, né più né meno pari a quello ucciso in Valchiavenna tempo fa e la cui testa fu poi appesa da un cartello! Questi esperti, sono conservazioni, biologi  naturalisti? O sono solo lupofili?
  5. Quante parole e polemiche inutili si sono lette negli ultimi tempi sulla decisione del governo di consentire di intervenire con il fucile per controllare/ridurre/eliminare animali che per una ragione o per l’altro arrecano danni alle aree protette e nei centri urbani, quasi sempre polemiche senza aver letto bene cose vi sia scritto in quel decreto. Ecco invece un commento pertinente scritto e diffuso dall’ambientalista pugliese Fabio Modesti: «Nella gran gazzarra seguita all’approvazione dell’emendamento che modifica l’articolo 19 della legge sulla tutela della fauna omeoterma e per l’esercizio dell’attività venatoria (la Legge n. 157/1992), consentendo il controllo della fauna selvatica da parte di cacciatori anche in aree protette e nelle città con possibile avvio alla filiera alimentare, è forse sfuggito qualche elemento di riflessione. Il primo è che l’articolo modificato esordisce con una disposizione che sembra ovvia ma non lo è: le Regioni e le Province autonome possono vietare “o ridurre per periodi prestabiliti” la caccia alle specie cacciabili “per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità”. La cosa non è di poco conto se si pensa che, ad esempio la scorsa estate, diverse associazioni protezionistiche hanno chiesto al Presidente della Regione Puglia, così come ad altri Presidenti di Regione, di procrastinare l’avvio dell’attività venatoria e di non consentire la preapertura a determinate specie dal 1° settembre a causa della notevole siccità verificatasi. Ma si sono opposte orecchie da mercante motivando anche con l’assenza di una norma chiara che desse la potestà di farlo. Ora la norma c’è e sembra abbastanza chiara. Il secondo elemento di riflessione è che l’emendamento approvato in Commissione Bilancio della Camera ed ora all’esame dell’Aula, è pasticciato e scritto male. Provvedere al controllo della fauna selvatica “anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane, anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto” e poi disporre che “qualora i metodi di controllo impiegati si rivelino inefficaci, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono autorizzare, sentito l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, piani di controllo numerico mediante abbattimento o cattura”, appare una norma quasi inutile. Infatti, le finalità alla base di queste attività sono “la tutela della biodiversità, la migliore gestione del patrimonio zootecnico, la tutela del suolo, per motivi sanitari, la selezione biologica, la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali e ittiche e per la tutela della pubblica incolumità e della sicurezza stradale”. Ora, riguardo alla tutela della biodiversità nelle aree protette esiste già una norma che consente i prelievi di fauna selvatica per ricomporre eventuali squilibri ecologici. Poi, al di là della finalità della “selezione biologica” veramente difficile da interpretare, per quanto riguarda i motivi sanitari esiste già una corposa disciplina che consente di intervenire con piani specifici di abbattimento (ad esempio per la peste suina africana o per l’influenza aviaria). Restano la tutela delle produzioni agricole e zootecniche, della pubblica incolumità e della sicurezza stradale. Per queste attività si consentirebbe il “controllo” della fauna selvatica cacciabile che, nelle aree protette – parchi e riserve naturali nazionali e regionali -, si dovrebbe effettuare “con metodi ecologici”, cioè sostanzialmente senza disturbo alla fauna, quindi senza sparo. E qui interviene la vera novità normativa. Infatti, se i “metodi ecologici” non dovessero risultare efficaci, si può ricorrere all’abbattimento mediante lo sparo e “le attività di controllo di cui al presente comma non costituiscono attività venatoria”. Forse è proprio questo uno degli obiettivi della norma. Non sono stati pochi i casi in cui le Procure della Repubblica abbiano ritenuto l’attività di caccia di selezione in aree protette “attività venatoria” vietata dalla legge quadro in materia, perseguendo penalmente chi l’ha consentita. Con l’emendamento proposto ed approvato in Commissione Bilancio della Camera e che, verosimilmente, diventerà legge vigente dal 1° gennaio prossimo, questo rischio non dovrebbe più sussistere. E le prime reazioni positive, oltre che del mondo venatorio, anche da parte di alcuni gestori di aree protette, sembra confermare questa lettura.»
  6. Un altro intervento interessante lo ha fatto il Dott. Marco Olivi (docente di Diritto amministrativo a Ca’ Foscari e direttore del Master di primo livello in amministrazione e gestione della fauna selvatica) su repubblica.it, che per certi versi ricalca il commento di Fabio Modesti. Peccato che sia troppo lungo da riprendere qui. In ogni modo, all’esame di tutto, decreto legislativo, commenti pro e contro, resta sempre un fatto tipicamente italiano: che di fronte ad un problema concreto risolvibile semplicemente utilizzando saggezza, ragione e senso pratico, si scatenato i sofistici delle leggi e loro interpretazioni, e si finisce per non fare nulla, a volte perché proprio le leggi sono astruse e interpretabili a piacimento (altro vezzo tipicamente italiano!); questo perché a volte perché anziché mirare alla soluzione di un problema, si pensa piuttosto ad interessi personali se non di danaro almeno di visibilità. E il senso pratico va a farsi benedire… e i problemi restano, e spesso si finisce per dire che sono stati risolti quando semplicemente gli si è solo cambiato nome o definizione!
  7. A proposito di quanto sopra: in Abruzzo anziché darsi da fare a salvare l’orso marsicano agendo a tutela dei suoi spazi naturali e a favore della sua necessità alimentare e di quiete, ora si sono inventai un podcast: tanta pubblicità per tanti personaggi! Sarà anche, se non giusto, almeno democratico (libertà di pensiero ed espressione per ognuno, di occuparsi di cosa gli pare), ma tutto questo servirà a salvare l’Orso marsicano, o, come un boomerang, si rivelerà un altro danno indiretto (disturbo da turismo) aggiunto al danno?

Murialdo, 30 Dicembre 2022                                                Franco Zunino

                                                                                   Segretario Generale AIW

30 dicembre 2022

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