Documento sulla caccia

Documento ufficiale AIW

L’AIW, LA WILDERNESS E LA CACCIA

A caccia nell’Area Wilderness Monte Camino (Caserta)

(Stesura discussa e approvata dalla “Consulta per la Wilderness”

e successivamente ratificata dal Consiglio Direttivo

con Deliberazione N. 6/2012)

 

 

Quello della caccia è uno degli argomenti più spinosi affrontati dal movimento ambientalista italiano (un caso forse unico al mondo!), dove l’animalismo ha da sempre condizionato qualsiasi iniziativa che sia volta alla protezione della natura. Fin dalle più lontane radici dell’ambientalismo, la tutela della fauna è sempre stata vista come un pilastro del protezionismo naturalistico, sebbene non siano pochi i cacciatori che stanno alle radici dei movimenti, a partire dalla storica Pro Natura (che ha visto tra i fondatori e leader personaggi come l’On. Erminio Sipari, fondatore del Parco Nazionale d’Abruzzo ed il Dott. Renzo Videsott, storico direttore del Parco Nazionale Gran Paradiso) al prestigioso WWF Italia (il cui primo Presidente – e membro fondatore -, il Marchese Mario Incisa della Rocchetta, fu il creatore di quella che è stata la prima vera Riserva Naturale d’Italia: il Parco Emilio Scheibler, in seguito ed ancora oggi più noto come Oasi di Bolgheri.

Il movimento Wilderness italiano, benché rivolto alla difesa degli ultimi spazi selvaggi del nostro Paese, si è subito dovuto scontrare con questa realtà italiana, dove la tutela della fauna è considerata – sia da parte dei naturalisti che dei cacciatori – più importante che non la tutela del suo habitat; una realtà che ha finito per trasformare i cacciatori in “nemici di principio” dei naturalisti; ciò sebbene siano stati molti i cacciatori-ambientalisti a far parte dello storico Comitato Sostenitore dei Documenti Wilderness che precedette la nascita dell’associazione, e poi tra i Soci Fondatori della stessa, dimostrando una realtà diversa, ancorché elitaria nel mondo della caccia.

Fin dall’inizio fu sempre messo in evidenza come l’Idea Wilderness, la sua filosofia ed il suo concetto di conservazione non fossero mai stati pregiudizialmente contrari alla caccia neppure nella terra d’origine di questa grande Idea (gli USA), tanto che Henry D. Thoreau, il massimo filosofo di quest’Idea, riteneva l’educazione alla caccia un fatto importante per i giovani, ed Aldo Leopold, il più grande ecologista mondialmente riconosciuto e fondatore della prima Area Wilderness mondiale, fu per tutta la sua vita un convinto ed appassionato cacciatore (e proprio lo studio della selvaggina e gli effetti della fauna sull’ambiente furono all’origine delle sue riflessioni sulla Wilderness che lo portarono a coniare quel concetto dell’Etica della terra che lo rese universalmente famoso).

Nonostante questo, si è sempre preteso che in Italia ed in Europa, a causa dell’animalismo preponderante, si applicasse una filosofia Wilderness che fosse anticaccia di principio, per accontentare il pensare animalista a prescindere da qualsiasi valutazione oggettiva, compresa la possibile finalità ecologica laddove l’esercizio venatorio venisse gestito e adattato quale strumento di riequilibrio per situazioni negative di tante specie a rischio, e di fauna e di flora. Tanto che è proprio di questi tempi l’idea di Aree Wilderness europee che, al contrario di quelle storiche americane, siano chiuse all’attività venatoria.

Già nei primi anni di vita dell’AIW fu stilato un numero speciale del periodico Wilderness/Documenti nel quale la posizione della stessa in merito alla caccia venne ampiamente trattata da vari membri dell’associazione (Wilderness/D N. 3/1987). Successivamente questo tema è sempre stato ripreso ed anche meglio sviscerato per dimostrare la bontà della linea dell’AIW in merito a questo spinoso problema. Invano: gli animalisti anticaccia volevano e vorrebbero una Wilderness contraria alla caccia per principio, dimostrando che il loro interesse primario non è tanto la difesa degli ultimi territori rimasti selvaggi, ma la mera tutela degli animali che li abitano, a prescindere dal fatto se poi saranno costretti a vivere tra strade, centrali eoliche, dighe, linee elettriche, rifugi, alberghi, ecc.

Ciò ci spinge quindi a questo ennesimo passo: l’approvazione di un documento col quale sia chiarita la posizione ufficiale dell’AIW in merito alla caccia e ai cacciatori, che sia anche critico verso quest’attività e che stabilisca una volta per tutte, le ragioni di principio per la non contrarietà dell’AIW alla caccia e cosa debba intendersi per “caccia etica” secondo lo spirito Wilderness; ovvero, stabilire quale sia un comportamento venatorio eticamente accettabile dal punto di vista del concetto del “vivere l’ambiente”, per cui non è tanto importante il come si cacci, il dove si cacci e quali animali si uccidano, ma la finalità dell’uomo quale membro integrante del mondo naturale, per cui, in teoria, ogni metodo per catturare una preda diventa accettabile (come è per tutti gli altri animali predatori), quindi a prescindere da leggi e regolamenti, spesso dovuti a scelte contingenti quando non politiche (per assurdo, un bracconiere che cacci per esigenze alimentari può essere più “wilderness” di un cacciatore rispettoso delle leggi); ciò, solo limitato da un aspetto umanitario e di sensibilità naturalistica, dovuto alla coscienza di cui l’uomo dispone.

 

IL DOCUMENTO

 

Per tutte le ragioni suddette, il presente Documento rappresenta la posizione ufficiale dell’AIW in merito alla caccia ed ai cacciatori. Esso è basato sul fatto che l’attività venatoria, come ogni altra attività dell’uomo in natura necessita di regolamentazione, e che la regolamentazione è di solito basata su comportamenti o questioni etiche, ancorché non tutte siano contemplate dalle attuali legislazioni in materia. Per tale ragione il presente Documento ha come finalità quella di porsi solo come riflessione per un’eventuale futura regolamentazione venatoria.

 

 PREMESSE E MOTIVAZIONI

 

1) La filosofia Wilderness non distingue, tra le varie forme o categorie di fruitori della natura, quelle buone da quelle cattive sulla base del tipo di attività o di chi le pratica, ma caso mai in base al modo con cui queste attività sono praticate ed ai mezzi utilizzati per farlo.

2) L’attività venatoria rientra quindi tra queste categorie, ed è giustificata anche dal fatto di essere una delle più antiche pratiche dell’uomo per finalità alimentari, assieme a quella della raccolta dei frutti e delle altre risorse naturali. Tra l’altro, essa conferma l’innegabile posizione dell’uomo quale super-predatore al pari dell’orso e del lupo, ancorché modernizzatosi con i mezzi e le attrezzature frutto del suo ingegno.

3) Gli storici filosofi del movimento Wilderness non erano contrari alla caccia di per sé e la caccia stessa fu parte integrante di quell’epica della frontiera che sta alle radici del movimento Wilderness americano; così come cacciatori sono stati molti leader del movimento conservazionista che ha portato alla legge per la difesa della natura selvaggia o Wilderness Act, ed ancora lo sono molti di quelli attuali.

4) Lo stesso Wilderness Act consente la pratica venatoria nelle Aree Wilderness non chiuse a tale attività in forza di altre leggi e la loro gestione per finalità venatorie è contemplata ed è anche ampiamente trattata nel volume di maggior valore al mondo sugli aspetti della Wilderness (edito e distribuito dalla WILD Foundation: Wilderness Management, giunto già alla quarta edizione rivisitata).

5) Per tutte le suddette ragioni, l’AIW ritiene di considerare l’attività venatoria compatibile con l’idea della Wilderness, sia dal punto di vista filosofico sia dal punto di vista tecnico legato all’omonimo concetto di conservazione; un’accettazione di principio, in quanto attività da sempre praticata dall’uomo nel suo rapportarsi col mondo naturale selvaggio, ed anzi ritiene la caccia uno dei modi più antichi e quindi coerenti ed affini allo spirito della natura selvaggia per rapportarsi con essa; purché rispettosa nei comportamenti ed utilizzando mezzi da ritenersi etici secondo una valutazione di punti di vista insiti nella filosofia dello spirito Wilderness.

 

1 – DELLA PRATICA E DELLE ATTIVITÀ

 

1.1) L’attività venatoria è ritenuta etica ed accettabile a condizione che abbia sempre come conclusione il trattamento della preda per finalità alimentari umane, ancorché praticata con un fine ricreativo, trofeistico, di controllo di popolazioni in eccesso numerico, e che la scelta del capo da abbattere rientri nelle logiche di una sana gestione e di miglioramento del patrimonio faunistico.

1.2) Tutti i tipi di caccia previsti dalle legislazioni sono considerati etici ed accettati dall’AIW alla condizione che il prelievo venatorio sia mantenuto nei livelli di una corretta valutazione scientifico-biologica tra capitale e prelevamento; sono escluse da tale valutazione ragioni prettamente animalistiche non giustificate da esigenze biologiche o di sopravvivenza di altre specie di fauna e flora, competitive o a rischio a causa dell’eccessiva presenza delle prime. Particolarmente etiche devono considerarsi le pratiche in cui l’utilizzazione dell’attrezzo o mezzo di caccia e/o la partecipazione del cane alle azioni di caccia diventano motivo di soddisfazione interiore per il cacciatore e l’uccisione della preda non indispensabile e solo atto idealmente finale di una pratica. E così la caccia con il falco, a condizione che si utilizzino falconiformi nati in cattività.

1.3) Da un punto di vista etico la pratica venatoria deve essere svolta il più possibile in solitudine o comunque devono essere evitate le azioni di squadra che annullino questo aspetto e riducano drasticamente la possibilità di fuga degli animali cacciati.

1.4) Durante le battute di caccia, etica vuole che sia assicurata l’incolumità e la libertà d’azione degli altri fruitori del territorio mediante il rispetto delle loro esigenze; in particolare vanno evitati le poste lungo i sentieri ed in località di elevato interesse turistico.

1.5) La caccia in braccata per potersi considerare etica deve essere fatta con numero di partecipanti non superiore a quindici e, qualora prevista di domenica, alternando giornate di caccia con giornate di non caccia.

1.6) Salvo per quanto previsto al punto 1-1 ed 1-2 non è da ritenere etica la caccia che preveda l’abbattimento di numerosi capi giornalieri per cacciatore; decisamente anti etico deve essere considerato l’abbattimento di più di cinque capi di cinghiali per squadra e battuta; più di cinque anatre (o altri uccelli acquatici) giornaliere a cacciatore, così come più di una lepre (europea, italica, sarda o alpina) e  gallo  forcello; più di due coturnici, starne, pernici rosse, pernici sarde, pernici bianche e (qualora consentito) francolini di monte giornalieri a cacciatore; qualora consentito, più di un gallo cedrone a stagione per cacciatore; più di due conigli selvatici e di due beccacce giornaliere a cacciatore; più di cinque colombacci e dieci turdidi (o altri uccelli ai quali la caccia sia consentita dalla normativa vigente) al giorno a cacciatore.

1.7) Non è ritenuto etico lo sparo a selvaggina ferma al suolo, salvo per gli ungulati.

1.8) Non sono da ritenersi etici i ripopolamenti o le immissioni di specie non autoctone e la liberazione di selvaggina pronta caccia.

1.9) E’ da ritenersi etica la caccia ad animali predatori fatta nel rispetto della normativa vigente, anche per il contenimento di specie ai sensi del punto 1.2.

 

2 – DELLA CACCIA E DEL CACCIATORE

 

2.1) In Italia il numero dei cacciatori è certamente eccessivo per una popolazione di oltre 60 milioni di abitanti distribuiti su di un territorio di soli 324.000 Kmq ad alta urbanizzazione, per cui un’ulteriore riduzione del loro numero è vista come fatto eticamente necessario, a condizione che non avvenga una selezione in negativo, ovvero che siano i migliori a lasciare, come spesso avviene (per scoramento e disgusto, sia per come si pratica la caccia in Italia sia per gli attacchi che essa subisce da parte dei non cacciatori), e non i peggiori (i carnieristi ed i borderline delle legislazioni venatorie).

2.2) Ogni associazione venatoria dovrebbe provvedere all’immediata radiazione dei membri colti in flagranza di reati venatori gravi – o condannati – quali il bracconaggio volontario o comportamenti intenzionali non rispettosi dei diritti degli animali, segnalandoli alle altre associazioni, nonché a condannare e a non sostenere forme di caccia antietiche secondo i principi enunciati col presente Documento.

2.3) Come tutte le attività praticate in natura dall’uomo anche la caccia deve mirare ad adattarsi al concetto etico di una carrying capacity ambientale, quindi ad una presenza equilibrata e mai di massa, e ad evitare di rappresentare di fatto un’occupazione armata del territorio.

2.4) Sono ritenute etiche tutte le pratiche venatorie tradizionali legate al mondo rurale da ritenersi “endemiche” di pochi luoghi (caccia col furetto, cacce al capanno, caccia al passo, cacciarelle, caccia in botte, ecc.), purché non in contrasto con le leggi vigenti e praticate secondo i principi di cui ai punti del presente Documento.

2.5) Il cacciatore è ritenuto etico qualora sia anche impegnato sul fronte della conservazione della natura mediante il sostegno dato a forze ambientaliste, aderendovi o comunque impegnandosi per finalità che abbiano questo scopo.

2.6) Dal punto di vista etico le organizzazioni venatorie devono impegnarsi sul fronte della conservazione della natura, degli habitat e dei territori di caccia, sostenendo anche le battaglie e gli impegni delle associazioni ambientaliste in tal senso.

2.7) Il cacciatore è ritenuto etico quando spara con la più alta probabilità di uccidere il selvatico senza che esso venga invece solo ferito, quindi quando fa pratica di tiro anche durante la stagione di caccia chiusa negli appositi poligoni e si documenta sui punti vitali a cui indirizzare lo sparo affinché l’animale cacciato si renda il meno possibile conto di esserlo, evitando di sparare se l’animale non si trovi alla distanza e nella posizione più corretta per un tiro utile ed efficace.

2.8) Il cacciatore etico deve frequentare l’ambiente anche in periodi di caccia chiusa, per studiarlo e capire al meglio anche gli aspetti biologici della selvaggina e l’evolversi stagionale degli habitat in cui essa vive; ovvero deve occuparsi dell’ambiente non solo quale fornitore di prede da abbattere ma anche come fornitore di prede da far nascere e crescere nel rispetto delle stesse e del loro habitat.

2.9) Il cacciatore etico deve impegnarsi al recupero ed alla soppressione degli animali eventualmente feriti, riducendo il più possibile i tempi della loro sofferenza con metodi il più possibile efficaci.

2.10) Il cacciatore etico deve provvedere al recupero di tutte le cartucce e bossoli sparati e non lasciare segni della propria presenza.

2.11) Il cacciatore etico deve utilizzare tramite mezzo a motore il meno possibile le strade campestri e forestali per l’avvicinamento ai luoghi di caccia, ma giungervi viceversa a piedi lasciando l’automezzo nei parcheggi e sulle strade asfaltate.

 

3 – DEI MEZZI E DELLE ATTREZZATURE

 

3.1) Non sono ritenuti etici: l’uso di automezzi per spostarsi da una posta all’altra durante la caccia o per facilitare gli spostamenti dei cacciatori durante le battute, l’uso dei telefoni cellulari, GPS o altri mezzi ricettivi per segnalare gli spostamenti degli animali e dei cacciatori, l’uso degli attrezzi segnaletici per i cani da ferma (beeper) e l’uso di attrezzature proibite dalle leggi.

3.2) L’uso di fucili e carabine a ridotto numero di colpi dovrebbero essere il futuro dell’attività venatoria al fine di aumentare le chance per la selvaggina ma anche di mantenere in uno stato “antico” e maggiormente rispettosa la tecnologia meccanica, di per sé in contrasto con l’etica della Wilderness (nelle Aree Wilderness americane per la gestione dei sentieri è proibito anche l’uso delle motoseghe se non in situazioni particolari); etico di alto livello dovrebbe quindi essere l’ausilio del solo fucile a canne parallele e della carabina ad un solo colpo, meglio ancora se ad innesco ed avancarica.

3.3) L’uso di carabina ad avancarica e dell’arco (idealmente di tipo tradizionale) o (qualora consentita) della balestra è considerato metodo di caccia eticamente il più vicino allo spirito Wilderness, per cui se ne auspica l’incremento e la pratica.

3.4) Non sono da ritenersi etiche le altane o i capanni da caccia realizzati in modo stabile con l’ausilio di cemento e/o componenti in laterizi e con materiale non locale ed in stile non tradizionale.

3.5) Sono da ritenersi etiche solo le cartucce che utilizzino borre di sughero e pallini che non siano esternamente di piombo.

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