IL CANTO SELVATICO: una recensione

Quante volte mi hanno chiesto, parlando di natura e della sua conservazione: ma cosa ci distingue dagli americani e dalla loro visione Wilderness del mondo naturale? Non nascondo di avere sempre avuto difficoltà a spiegarlo o farlo capire, perché, e mi rendevo e mi rendo ancora conto, che il sentimento Wilderness o ce l’hai dentro o difficilmente lo potrai mai capire. Ecco perché, almeno da noi dove il vero mondo selvaggio è sparito da millenni, è più facile che ci riesca chi ha avuto un’infanzia a stretto contatto col mondo naturale, che non chi la natura l’ha conosciuta nelle aule scolastiche: “In certi uomini il bisogno di spazi aperti, di condizioni primitive e di contatto intimo con la terra è un cancro profondamente radicato, che sempre erode l’illusione di potersi accontentare delle cose così come sono” (Sigurd F. Olson. Può sembrare un paradosso, ma lo spirito Wilderness non ha quasi nulla a che vedere con l’amore per la natura – e men che meno, degli animali –, le ricerche naturalistiche, le conoscenze tecniche e scientifiche che le associazioni ambientaliste e gli organismi gestori delle aree protette si impegnano a spiegare, per educare i cittadini alla conoscenza della natura e alla sua esplorazione (classici quelli dei documentari in onda in tutti i canali TV) e, ai visitatori dei Parchi, il suo rispetto: sempre mere fredde nozioni tecnicistiche! Ecco, chi vuole capire cosa si intenda per spirito Wilderness, si legga quindi il libro qui recensito: Il canto selvatico, di Sigurd F. Olson. Edito dalla Editrice Piano B (www.pianobedizioni.com) – Prato 2023.

Sigurd F. Olson (1899-1982) è un personaggio sconosciuto in Italia; sconosciuto anche nel mondo ambientalista e conservazionista. Eppure Sigurd F. Olson è stato uno dei maggiori conservazionisti d’America del secolo scorso, ed in particolare della sua seconda metà. Le sue ultime battaglie in difesa dell’area in cui si era traferito a vivere e dove poi morì, nel piccolo paese di Ely (ai confini di un’Area Wilderness nel nord del Minnesota), dove quasi tutti erano e sono minatori, boscaioli, cacciatori, pescatori o, come Olson, anche guide turistiche, divennero epiche per gli interessi economici che, nel nome della conservazione, Olson e i suoi seguaci andavano a ledere. Fino al punto di essere finanche, negli ultimi anni della sua vita, seriamente minacciato di morte, in una situazione che noi potremmo definire mafiosa, tanto grave da essere stata narrata, anche nella famosa e autorevole rivista americana The Time. Una lotta, o una guerra, per impedire che la più vasta area selvaggia rimasta intatta nel nord del Minnesota (e di gran parte degli USA orientali), ai confini col Canada, restasse sottratta ad ogni forma di sfruttamento forestale, minerario e di sviluppo urbano e motorizzato (turismo stradale ed acquatico!). Sorta e protetta inizialmente come Boundary Waters Canoe Area, ovvero: area delle acque di confine frequentabile solo mediante l’ausilio delle canoe – trattandosi di un reticolo infinto di fiumi, torrenti, laghi e paludi a cavallo del confine tra Stati Uniti e Canada (fu la seconda area americana ad essere vincolata – nel 2026 – per la difesa degli stati di wilderness, dopo la famosa Gila del New Mexico). Essa fu successivamente designata Area Wilderness (oggi di 330.000 ettari) ai sensi della legge che nel frattempo – 1964 – era stata approvata. Fu anche una delle prime aree protette al mondo con divieto di sorvolo aereo (al di sotto dei 1.200 metri). Dopo aver ottenuto il blocco agli sfruttamenti forestali e alla costruzione di nuove strade ci fu la battaglia per impedirvi l’uso dei mezzi acquatici a motore. Un divieto che allarmarono non poco quanti sul turismo campavano e ci facevano soldi. E Sigurd Olson fu proprio in quell’epoca che si fece non pochi nemici, lui stesso guida escursionista che accompagnava visitatori in quell’area selvaggia. Alla sua morte la rivista Living Wilderness della The Wilderness Society lo commemorò con un articolo dal titolo “Un uomo che non scese mai a compromessi”, riferendosi a quei sui impegni in difesa della natura selvaggia. Fu proprio grazie a quella sua passione per quest’area, che frequentava ed esplorava in continuazione e conosceva come le sue tasche (si costruì anche una capanna dove andò a vivere nell’ultimo periodo della sua vita, in un luogo che aveva denominato “Listening Point” (Promontorio dell’ascolto) che finì per renderlo famoso come scrittore, quando iniziò a pubblicare libri e saggi sulle sue esperienze. Al punto tale da giungere ad essere considerato il maggiore e premiato scrittore americano di cose di natura. Aveva uno stile di narrazione tra il poeta e lo scrittore come nessun altro mai prima aveva saputo fare. Non già la natura e il suo mondo presentato in modo tecnico e scientifico o turistico (modo che non si peritava di nascondere: “Nonostante la mia passione per la specie, devo confessare di aver trascurato completamente tutti gli aspetti scientifici, e senza dubbio agli occhi degli zoologi sarei un insulto alla professione.”), come è uso fare un poco ovunque; ma piuttosto emozionale. La natura per lui era solo e soprattutto emozione: bellezza, sentimento, sensazioni (“capii che senza quiete non poteva esserci conoscenza, senza distacco dalle influenze esterne l’uomo non poteva afferrare il concetto di spirito.”) e… pensieri conservazionisti (“Me lo vedevo davanti agli occhi […] un posto non solo remoto, non solo di grande bellezza, ma anche pervaso da un’intangibile spiritualità, […] incontaminato che non conosceva strade.”). Le sue descrizione dei viaggi in quel mondo di acque e di foreste ancora permeate della cultura dei nativi Chippewa, delle prime esplorazioni degli europei e dei trapper, con i loro “portage” (le piste per trasportare a spalla le canoe da un lago all’altro), riempirono pagine e pagine dei suoi libri fino alla fine dei suoi giorni, dividendosi tra la scrittura, le escursioni e gli impegni conservazionistici (resse anche per diversi anni le presidenze di importanti associazioni nazionali, quali La National Park & Conservation Association e la Wilderness Society). Dopo la sua morte gli fu dedicata una Fondazione conservazionista che portò avanti i suoi impegni in difesa della Buondary Waters Canoe Area Wilderness. Essa ha preso il nome dalla capanna in cui era vissuto gli ultimi tempi: Listening Point Foundation. Chi scrive ha l’onore di essere tra i suoi membri della Commissione Internazionale dei Consiglieri Anziani. È quindi con orgoglio e soddisfazione che ho appresso della pubblicazione in Italia del suo primo e più famoso libro – 1956: Singing Wilderness, da parte della Editrice Piano B di Prato: Il canto selvatico. Chi vuole cogliere lo spirito di quel tempo e vivere le emozioni che Sigurd Olson visse visitando e vivendo (Olson era anche un appassionato cacciatore e pescatore) quella splendida unitaria regione rimasta quasi selvaggia, che nello splendido libro è citata come Quetico-Superior Country (il primo nome, dal Parco Provinciale canadese che nel sud dell’Ontario bordeggia gli USA, il secondo dalla Foresta Nazionale che nel nord del Minnesota bordeggia il Canada e che in gran parte è stata designata in Area Wilderness, ovvero da preservarsi per sempre nel suo stato originario), scoprendola attraverso le sue parole e descrizioni, mai strettamente scientifiche e mai turisticamente precise (perché ognuno deve godere dell’esperienza della solitudine e della prima scoperta: “Qui è sempre tutto nuovo[…] ogni giorno sembra di essere i primi a passare”), non se lo lasci quindi sfuggire (www.pianobedizioni.com).

Murialdo, 18 Dicembre 2023 Franco Zunino
Segretario Generale AIW