DOCUMENTO SULLA BIODIVESITÀ

Documento ufficiale AIW

DOCUMENTO SULLA BIODIVESITÀ

(Approvato con Deliberazione del Consiglio Direttivo N. 3/23 Marzo 2021)

MANIFESTO DI NAPOLI

Azioni per la Biodiversità

 

PREMESSA I sottoscritti individui e associazioni, fiduciosi che il nostro paese possa essere finalmente avvantaggiato dalla “transizione ecologica”, desiderano anzitutto aderire alla “Comunicazione congiunta degli esperti del Comitato Capitale Naturale (CCN) sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)” in modo particolare alla proposizione  “che una vera e grande opera pubblica nazionale dovrebbe essere fondata sul ripristino del nostro meraviglioso territorio, attraverso il recupero di tanti ambienti naturali terrestri e marini, deteriorati e danneggiati da decenni di utilizzo scriteriato delle risorse naturali.”  Si augurano anche che possano essere intraprese e realizzate tutte le opere necessarie per la fondazione di un Istituto Nazionale per la Biodiversità che possa contribuire non solo alla ricerca ma anche alla creazione di una cultura popolare, scolastica e superiore su questo fondamentale tema ecologico. Ritengono poi di aggiungere alcune considerazioni su alcuni temi importanti al margine delle suddette proposizioni:

 

  1. AREE PROTETTE Le aree protette coprono oggi circa il 10% del territorio nazionale e, secondo l’ONU, a livello mondiale, nel futuro dovrebbero essere notevolmente espanse. L’esigenza di conservare una percentuale del territorio inalterata è ottima ma, per avere successo, deve tutelare le necessità delle popolazioni locali. Le aree protette possono crescere solo mediando tra soddisfazione generale e vantaggio ecologico. Possono convivere con aree agricole a bassa intensità, nonché con attività pastorali e di pesca artigianale che, producendo un reddito, valorizzano anche la conservazione. La biodiversità va protetta a vantaggio dell’intera popolazione umana, e non come curiosità di privilegiati, in modi anche innovativi che tengano conto dei concetti di compatibilità, bellezza e natura incontaminata (wilderness). Nelle Aree Wilderness dovrebbero essere soddisfatte tutte le finalità di un’area protetta, dalla mera conservazione della biodiversità, agli scopi scientifici e di studio, a quelli ricreativi e finanche spirituali e, almeno secondo un criterio europeo, anche quelli relativi all’uso sostenibile delle risorse naturali.

 

  1. GESTIONE FAUNISTICA L’intero complesso faunistico, quanto meno quello dei vertebrati, deve essere conosciuto e i prelievi devono essere soggetti a pianificazione. Ciò vale in particolare per i pesci, gli uccelli e i mammiferi sull’intero territorio nazionale, zone urbane comprese. Una valutazione o/e stima della sua entità, eseguita e resa pubblica annualmente è indispensabile. Per quanto attiene le attività di prelievo, gestione venatoria e pesca sportiva, esse devono cogliere solo i frutti del capitale, gestendolo e tutelandolo. Tutte le azioni devono svolgersi seguendo i seguenti principi: professionalità (a), conoscenza del bene (b), svolgimento della caccia in ambiti privati o comunali ma in modo associativo (c), pubblicazione annuale dei programmi, dello status della fauna e dei risultati di gestione (d). La gestione della fauna non deve essere limitata al prelievo ma deve comprendere anche altre opzioni: economica, scientifica, educativo-formatrice ecc.

 

  1. PESCA COMMERCIALE La netta differenza della capacità riproduttiva dei pesci rispetto a quella dei mammiferi e degli uccelli ha fatto sì che la pesca commerciale, gestione faunistica di tipo economico, sia praticata ancora oggi mentre la caccia commerciale è diventata insostenibile e pertanto è scomparsa ormai da secoli. Negli ultimi decenni, tuttavia, anche la pesca commerciale è

stata in buona parte rimpiazzata dalla pescicoltura che incomincia già a produrre notevoli problemi

ecologici. Effettuata entro i confini delle acque nazionali territoriali deve essere gestita secondo i principi della trasparenza dei risultati e con stime dell’entità del patrimonio ittico. Tutto ciò per rendere possibile una programmazione che permetta il mantenimento della risorsa e non il suo depauperamento causato da esasperata efficienza del prelievo.

 

  1. ALLEVAMENTI A SCOPO COMMERCIALE Ben noti sono anche i problemi ecologici creati dagli allevamenti terrestri intensivi (inquinamento, uso del suolo ecc.) ma si deve ricordare che questi producono anche sofferenza in animali costretti in situazioni altamente innaturali. È necessario studiare sistemi di allevamento sostenibili dal punto di vista economico ed etico. Deve essere studiata ed opportunamente incentivata la pratica degli allevamenti estensivi che in particolare nelle aree collinari e montane possono avere un’importante funzione ecologica e paesistica. È inoltre necessario approfondire lo studio per la produzione di carne coltivata in vitro, che se praticabile su scala commerciale potrebbe essere una parziale alternativa all’allevamento.  L’acquacoltura di carnivori nutriti con farine di pesce è palesemente insostenibile mentre è auspicabile la diffusione di acquacoltura sostenibile (es. molluschi filtratori).

 

  1. CONSERVAZIONE DEGLI AMBIENTI AGRICOLI La conservazione di molte specie di animali e vegetali legate agli agroecosistemi è una delle principali emergenze a livello europeo. Molte specie sono in declino a causa dell’intensificazione delle pratiche agricole in pianura e dell’abbandono di pascoli e aree rurali in montagna.  Sono quindi prioritari gli interventi di conservazione del paesaggio a mosaico mediante la conservazione delle specie legate agli ambienti aperti ed una gestione oculata di questi habitat, in particolare prati permanenti, fasce prative, pascoli, vigneti, siepi, incolti e arbusteti che dovrebbero essere individuati e censiti a livello comunale o provinciale nonché connessi mediante una varietà di corridoi ecologici.  Gli agricoltori, oltre ad essere custodi del territorio, sono anche imprenditori e come tali vanno coinvolti chiedendo loro di intraprendere iniziative serie e funzionali alla protezione della biodiversità e sovvenzionando i progetti di riqualificazione ambientale seri e utili. Sarebbe infine auspicabile investire risorse per salvaguardare anche biodiversità agricola fatta di razze e cultivar antiche anche quale tesoro, oltre che storico, scientifico ed economico.

 

  1. SPECIE ALLOCTONE L’introduzione di specie alloctone è considerata, dopo la frammentazione, uno dei più importanti motivi di declino della biodiversità. Va considerato che, a parte il caso di alcune specie di Vertebrati particolarmente invadenti, la maggior parte di specie alloctone sono piante e invertebrati. Tra l’altro, va notato che le specie tropicali alloctone sono rifugiati climatici, da noi giunte attraverso il Canale di Suez.  Vale tuttavia la pena ricordare che non tutte le specie alloctone sono ipso facto invadenti e che quasi mai possono essere eliminate o anche seriamente contrastate con facilità e spesso bisogna riconoscere che l’eliminazione non è possibile.  Dunque, è opportuno che l’atteggiamento nei confronti delle specie alloctone sia realista e che le campagne di eliminazione o anche solo di controllo siano iniziate soltanto nei casi di effettiva necessità. Qualora si intenda procedere con l’eradicazione questa deve essere effettuata da professionisti ben preparati e sempre su basi scientifiche.

 

  1. RUOLO DEGLI ZOO, ACQUARI, ETC. PER LA CONSERVAZIONE A partire già dal diciannovesimo Secolo, gli zoo hanno cominciato a dedicarsi alla salvezza di alcune specie di grandi mammiferi in pericolo d’estinzione e che in buona parte effettivamente scomparvero, salvo essere reintrodotti in seguito, con successo, grazie agli esemplari allevati in cattività con la salvezza di moltissime specie, con successo attorno al 95% dei casi. Gli zoo permettono inoltre un contatto diretto per milioni di persone al mondo della natura, e contribuiscono a forgiare i ricercatori e gli ambientalisti del domani grazie alle emozioni, alle esperienze e all’apprendimento. Tutto ciò anche perché il contatto reale con gli animali non è sostituibile con la lettura di libri, la visione di documentari o la ‘realtà virtuale’. È bizzarro, data la particolarità di queste istituzioni, che minimo rimanga il coinvolgimento degli ‘zoo’ nella formazione dei professionisti del settore chiamati a verificare le strutture munite di licenza ministeriale. Pare inoltre sovradimensionata l’attività che il Ministero stesso promuove, eccessivamente incentrata su questioni sanitarie e del benessere animale mentre le enormi potenzialità nel campo della didattica e della conservazione della biodiversità rimangono in secondo piano. Anche sul piano mondiale, va aumentando l’attività di allevamento e reintroduzione, con successi impensati solo pochi anni addietro. In un recente studio dell’Università di Newcastle, si è visto che, sulle 21 specie di uccelli in pericolo di estinzione, salvate e reimmesse in natura, 20 lo sono state anche grazie ad interventi di allevamento in cattività derivanti da allevatori privati evoluti in istituzioni scientifiche (tipico esempio il Peregrine fund).   Pensiamo quindi che il Ministero della Transizione Ecologica oggi debba prendere parte attiva nel difendere e promuovere gli zoo e le istituzioni da esso stesso ritenuti idonei e autorizzati, magari delegando questa funzione al costituendo Istituto Italiano per la Biodiversità.

 

  1. CONNETTIVITA’ ECOLOGICA E IMMUNITA’ DI PAESAGGIO La diffusione della pandemia di COVID-19 ha dimostrato l’estrema vulnerabilità della popolazione umana all’azione di zoonosi (malattie infettive trasmesse dagli animali all’uomo). L’invasione dei sistemi naturali da parte dell’uomo, con conseguente distruzione, gioca un ruolo chiave nel facilitare l’insorgenza di zoonosi emergenti. Infatti, l’erosione degli habitat naturali (a) confina le popolazioni animali in habitat residuali sempre più piccoli e isolati, rendendole demograficamente destrutturate e fisiologicamente stressate, con un conseguente indebolimento della loro funzionalità immunitaria e aumento della loro suscettibilità ad agenti patogeni, (b) aumenta la probabilità di diffusione del patogeno a seguito di un accrescimento innaturale della densità delle popolazioni animali all’interno dei frammenti di habitat, (c) aumenta notevolmente anche la probabilità di contagio interspecifico incrementando la frequenza di contatto tra uomo e fauna. Sottolineando l’urgenza di colmare le lacune conoscitive su questi temi, le ricerche dovrebbe puntare ad un aumento dell’immunità di paesaggio e alla comprensione dell’aumento del tasso di trasmissione della malattia. Si auspica pertanto quanto suggerito dal progetto “Connettività Ecologica” nonché la realizzazione di nuclei di autentica “wilderness” nel senso inteso dall’omonima associazione.

 

  1. EDUCAZIONE AMBIENTALE L’educazione ambientale dovrebbe essere effettuata esclusivamente da personale qualificato. Non solo: ogni progetto ambientale dovrebbe essere firmato da un laureato specifico e il piano dovrebbe avere valore di legge, come del resto avviene con un piano economico forestale. Si ritiene di fondamentale importanza dare un ruolo centrale all’Educazione Ambientale e alla divulgazione in ambito naturalistico, consapevoli del ruolo giocato dall’educazione nel promuovere la protezione dell’ambiente e la conservazione della biodiversità e degli ecosistemi. Nella progettazione e nello svolgimento di interventi di Educazione Ambientale è necessario avvalersi di personale di comprovata esperienza e competenza in materie naturalistiche e ambientali, oltre che pedagogiche. Non è pensabile definire Educazione Ambientale, qualsiasi attività che non abbia come scopo prioritario la tutela del territorio e la conservazione della biodiversità e degli ecosistemi.   Allo scopo di realizzare quanto sopra e non solo sarebbe finalmente il caso di valorizzare i musei naturalistici. Si auspica pertanto un progetto per l’introduzione di corsi di “Sostenibilità, Biodiversità, Ecosistemi” (SBE) in tutti i percorsi di formazione, dalle scuole materne all’università.

 

  1. ISTITUTO NAZIONALE PER LA BIODIVERSITA’ L’Italia è forse il paese europeo caratterizzato dal più alto numero di specie presenti (Oltre 57.000 specie e in continuo aumento per nuove scoperte); manca però di una istituzione dedicata al censimento ed al monitoraggio della biodiversità, fatto assai grave anche perché nuove specie vengono descritte annualmente, molte delle quali risultano endemiche dell’Italia. Esistono tante istituzioni museali, anche di grandissimo prestigio come i musei di storia naturale di Milano, Genova, Torino, Verona, Venezia, Trento e dell’Università di Firenze, ma ovunque il personale scientifico e curatoriale è sempre più scarso e l’attività di ricerca sempre più difficile e spesso osteggiata. Per questo vogliamo sottolineare

l’importanza della proposta di istituire un Istituto Nazionale per la Biodiversità – preferibilmente a Roma – che sia dotato di ampi spazi ove conservare le collezioni nazionali della biodiversità e che disponga di personale di specialisti tassonomi in grado di coprire tutti i maggiori taxa. L’Istituto dovrebbe custodire una parte rilevante del materiale tipico di tutte le nuove specie descritte dal territorio Italiano ed eventuale altro materiale raccolto nei vari centri di ricerca sparsi per il paese, e che oggi vengono spesso lasciati deperire per carenza di curatela; inoltre potrebbe custodire i campioni di DNA delle specie italiane, in modo particolare quelle endemiche.  Potrebbe, come secondario compito, avere sale aperte al pubblico per costituire un Museo Nazionale della Biodiversità con funzioni ostensive e didattiche.

 

Napoli, 20 marzo 2021

 

 

 

Franco Andreone Zoologo  Luciano Bani Professore di Zoologia, Università degli studi di Milano Bicocca

Corrado Battisti Naturalista Città Metropolitana di Roma Capitale, Servizio Aree protette – parchi regionali

Ferdinando Boero professore di zoologia, Università di Napoli Federico II

Giuditta Corno Docente di Scienze Naturali

Francesco Dessì-Fulgheri Professore di Etologia, Università degli Studi di Firenze

Spartaco Gippoliti IUCN/SSC Primate Specialist Group

Corradino Guacci Presidente della Società Italiana per la storia della fauna “Giuseppe Altobello”

Bruno Massa Zoologo. Già professore di Entomologia generale e applicata all’Università di Palermo

Renato Massa Già professore di Biologia animale all’Università degli studi di Milano

Franco Perco Zoologo. Già direttore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini

Emilio Padoa Schioppa Professore di Ecologia, Università degli Studi di Milano Bicocca

Harry Salamon Direttore dell’Oasi di Sant’Alessio, responsabile del progetto “Hummingbirds in our Hands” dell’Universitad Central del Ecuador.

Francesco Savi Docente di Scienze Naturali

Stefano Soavi Docente di Agraria

Franco Zunino co-fondatore dell’Associazione Italiana per la Wilderness

 

Società italiana per la storia della fauna “Giuseppe Altobello”

Associazione Italiana per la Wilderness

 

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