Ancora e sempre l’animalismo anticaccia versus la preservazione della Biodiversità naturale!

  1. La visione animalista, ovvero il rispetto degli animali, è una cosa sacrosanta, giusta, apprezzabile e condivisibile, se non fosse che… sono spesso gli stessi animalisti a renderla irritante quando la trasformano in un dogma quasi religioso; un dogma che se dovesse mai estendersi al potere politico, porterebbero alla rovina della Società, ovvero all’unica conclusione che, su questo pianeta, in nome del rispetto della vita animale l’uomo deve sparire (come se l’uomo non ne facesse parte, della vita!); e ciò, forti, gli animalisti, dell’arroganza della specie uomo!La stessa arroganza delle varie religioni monoteistiche! Prendiamo quanto si legge in un recente pezzo apparso in un sito animalista a firma di una “etologa e presidente di Eticoscienza”: Chiara Grasso. Questa, forte della sua esperienza in etologia (studio del comportamento animale) ritiene che l’istinto dei bambini di inseguire i gabbiani sulle spiagge spaventandoli e finanche lanciandogli dei sassi, non faccia parte (ma questo lo ha stabilito lei!) del comportamento naturale e predatorio insito nell’uomo fin dall’età della pietra, bensì nel comportamento (o non comportamento) educativo dei genitori. Ed ovviamente lei intende che i genitori debbano rinnegare i loro istinti ancestrali e “costringersi” a seguire l’ideologia animalista insegnando al bambino a non rincorrere i gabbiani e a non lanciargli i sassi, ma di limitarsi ad osservarli: ovvero, reprimere i propri istinti, che nei bambini emergono proprio in quanto non ancora adusi a sopprimerli attraverso l’intelligenza e/o la morale. Ma se gli istinti sono alla base della vita animale (ripeto, uomo compreso) perché questa studiosa non cerca di spiegarsi come mai essi lo siano? Si dovrebbe caso mai chiedere come mai il Creatore ci ha fatti animali, e come tali perché ha inculcato anche nell’umo, come peraltro in tutti gli esseri viventi (erbivori compresi!) l’istinto predatorio: che poi è l’istinto alla ricerca del cibo e, quindi, l’istinto a sopravvivere ed ha fare perpetuare la vita. Ed il bello è che essa, l’etologa, riconosce “che il bambino voglia creare una qualche relazione con i gabbiani”. Solo che per lei questa relazione deve essere solo di ammirazione e rispetto per i gabbiani. E si chiede come mai i genitori non glielo abbiano insegnato: “lui (il bambino, ndr) non sa quanto sia sbagliato catturare questi animali”. E chi lo ha stabilito? L’etologa, naturalmente! Se nell’istinto del bambino c’è il tentativo di volerli catturare i gabbiani, ci sarà pure una ragione. Questo si dovrebbe chiedere l’etologa, non partire dal preconcetto che no, sono i genitori che avrebbero dovuto insegnali a non farlo. Come se la leonessa o la tigre o la lupa, insegnasse ai suoi cuccioli a non predare! Per concludere, dopo una serie di esempi di come mai poi quel bambino crescendo arriva passo passo a divenire un praticante della caccia, ecco la conclusione dell’etologa: “La colpa è della mamma che quel lontano pomeriggio in riva al mare permise a suo figlio di lanciare le pietre contro i gabbiani per divertirsi”! Ecco, è un po’ come quei ragazzi che al momento di scegliere la facoltà universitari a cui iscriversi, intuendo di avere essi stessi dei problemi psicologici scelgono quella di Psicologia nella speranza di, così, curare poi se stessi! L’etologa animalista ha subito lo stesso processo. Ed anziché studiare come mai nel bambino ci sia stato quel moto istintivo di rincorrere i gabbiani per cerare di prenderli, ha studiato il comportamento della mamma che non ha insegnato al bambino a non rincorre i gabbiani! Come se per capire come si formi un corso d’acqua, una studiosa di idrografia si limitasse a trovare la fonte, senza chiedersi da dove provenga l’acqua che vi sgorga!

 

  1. C’era da aspettarselo: pur di non fare cacciare, in Italia le se inventano tutte; ed anche quando la caccia è un bene per la conservazione della natura, viene fatta passare per un male. Come ad esempio quando si deve procedere all’eliminazione di specie estranee, inquinanti e dannose per la stessa fauna autoctona e, soprattutto, per la flora. Non riuscendo a bloccare l’operazione di estirpamento del muflone dall’isola del Giglio (si noti bene, immessi negli anni ’50 da autorevoli zoologici, ma più a scopo venatorio che non per “mettere in sicurezza la specie”: erano infatti sì zoologi, quegli autorevoli, ma erano anche cacciatori, e lo scopo di quella liberazione non era tanto di salvare il muflone quanto di avere un nucleo cacciabile in una riserva di caccia, in quanto avevano stabilito che il luogo sarebbe stato ambientalmente idoneo (come in seguito si è voluto introdurre la marmotta in Appennino e finanche il tacchino selvatico, per non dire del camoscio alpino in Appennino: sempre con il fine – magari poco dichiarato – venatorio!): ma su quelle vere motivazioni – che non per nulla ne scrisse più Diana che non le riviste dei naturalisti! – si tace, e, quindi, si mistifica!). Ora hanno trovato il grimaldello per evitare la loro eliminazione: il dna, che, scoprendo l’acqua calda, ha dimostrato che quei mufloni avevano origini sarde e non sono mai stati incrociati con altre popolazioni. Ma che c’entra? Anche i mufloni sardi hanno lo stesso dna, ed anzi certamente più sano ed unico di quelli del Giglio, visto che quella popolazione si è sì originata da pochi esemplari (sette, si dice, almeno inizialmente) ma mai rinsanguati. Certo, oggi è una “diversità genetica”, ma non significa nulla: la popolazione originaria era ed è quella sarda! Non è, quindi, questa, addotta, una motivazione valida per non provvedere alla loro rimozione. Perché al Giglio è la flora che va protetta in quanto autoctona e non il muflone, specie immessa. Non li si vogliono abbattere? Bene, si tassino gli anticaccia e con quei soldi li si catturi e ritrasporti in Sardegna. Ma l’Isola del Giglio deve ritornare libera dai mufloni. Così come in America hanno “liberato” il Monte Olimpic (Parco Nazionale, si noti bene, e più serio del nostro Arcipelago Toscano!) dalla Capra delle nevi per la stessa ragione per cui va liberata Il Giglio! L’animalismo non è mai stato un buon viatico per la conservazione della biodiversità originaria! E meno male che nel resto del mondo la serietà la serietà scientifica ha sempre prevalso, dalle isole dell’Atlantico e dei Caraibi, alla California, al Sudafrica, ecc.

   

Murialdo, 1 Agosto 2022

Franco Zunino
Segretario Generale AIW