Alluvioni e cambiamenti climatici: fatti e inziative

  1. Si sa, i politici non sono sempre gli esperti della materia che poi trattano in Parlamento: sono semplici cittadini che hanno fatto carriera politica, e magari finiscono anche per trovarsi ai vertici del potere, quindi non dovrebbe meravigliarci quando, costretti a prendere posizione sui tanti argomenti che coinvolgono la gestione della Società e del Pese, magari finiscono per dire anche non poche castronerie. Va bene, ci sta. Ma certe volte se almeno utilizzassero la logica prima di fare certe dichiarazioni, magari certe gaffe se le potrebbero evitare. Prendiamo l’esempio dell’ex Ministro del Turismo Massimo Garavaglia, che l’altro giorno così ha detto durante un intervista su Radio 1: “nel1994 se Alessandria ha potuto superare indenne la disastrosa piena del Tanaro è stato grazie alla diga di Osiglia”! Boom! La diga di Osiglia è sì un bacino di una certa estensione, più noto per la sua attrazione turistica che non per le emergenze idriche. Peraltro anche dichiarata (e qui ci vuole un altro boom!) SIC (Sito di Importanza Comunitaria: per dire come nei SIC gli ambientalisti italiani ci hanno infilato di tutto!). Ora, tornando a Garavaglia, il bacino idrografico alla cui foce c’è Alessandria è quello del Fiume Tanaro: ed è vastissimo e comprende praticamente gran parte della Provincia di Cuneo (che è la più estesa d’Italia!), Val Bormida ed Valle dell’Erro comprese. Il che vuole dire non meno di 8.000 km quadrati di territorio. Il bacino o lago di Osiglia raccoglie l’acqua della minuscola Valle Bormida di Osiglia (non più di 30 Km quadrati). Ora, come questo bacino possa da solo aver impedito l’allagamento di Alessandria dove confluiscono le acque di tutto il bacino del Tanaro (Valli Bormida ed Erro comprese), è un mistero che solo l’ex Ministro Garavaglia ci potrebbe spiegare! Quasi come la nota iperbole di chi vuole vuotare il mare con un secchio! E questo perché? Ovvio, per favorire la costruzione di dighe ed invasi, il che vuole dire lavori, finanziamenti pubblici ed appalti! E allora si capisce tutto! Peccato che non sia così che si mette in sicurezza l’Italia dal rischio inondazioni!
  2. Iperbole per iperbole. E quella della fatto che essendo cessato l’uso agricolo della collina e montagna romagnola, l’avanzamento delle foreste (sic!) avrebbero favorito l’alluvione. Ma non ci hanno sempre insegnato che proprio le foreste controllavano il territorio ed impedivano le alluvioni? Chi si ricorda il famoso libro anteguerra del Touring Club Italiano dal titolo “Il bosco contro il torrente” che proprio questo voleva dire, ovvero che erano i boschi ad impedire le alluvioni, e non solo e tanto le regimentazioni dei fiumi, torrenti e corsi d’acqua in genere. Infatti, un conto è si si parli di canali di scorrimento in zone di pianura, un conto di ruscelli e rii montani, dove al di là delle tante chiacchiere paesane da bar, mai nessun agricoltore ha provveduto alla loro pulizia, e, al massimo, qualche proprietario confinante ogni tanto provvedeva a tagliare gli alberi; ma non per favorire lo scorrimento dell’acqua, bensì per ricavarne legname, ovvero per fare cassa! E spesso lasciando negli alvei e lungo le sponde ramaglia e legname di scarto! La si smetta quindi di narrare queste favole rurali che lasciano il tempo che trovano! Non è così che si risolvono i problemi delle alluvioni, ma caso mai imitando gli americani che di fronte alle disastrose alluvioni della media valle del Mississippi (1993) non hanno provveduto a regimentare un bel nulla, o a creare vasche di espansione, ma più semplicemente riacquistato al patrimonio pubblico le zone esondate – in quanto da sempre naturali valvole di sfogo delle piene –, campi e fattorie comprese, affinché potessero ritornare a fungere da naturali “vasche di esondazione”: di fatto, abbandonando le zone agricole a suo tempo sottratte alle alluvioni e trasferendo altrove le fattorie! Quindi, non “vasche di espansione” (che, guarda caso, comportano comunque lavori idraulici di contenimento, e, quindi, appalti pubblici!) ma semplici e libere aree di espansione, che non costano nulla e consentono ai fiumi di esondare liberamente come facevano un tempo e senza la pretesa di stabilire prima quant’acqua possono contenere (magari poi sbagliando stima, dato che nessuno può prevedere quant’acqua possa cadere in uno o due giorni di diluvio!), e così, evitare che le esondazioni nella zone agricole meno spondali e nei centri urbani rivieraschi. Perché, non ce lo dimentichiamo, la gran parte delle zone alluvionali un tempo erano se non paludi, quasi tali recuperate all’economia agricola mediante bonifiche e canali di scolo! Oppure… si imbrigli pure tutto, si tombino i torrenti, si costruiscano vasche di laminazione, e bacini idrici ovunque, ma poi non ci si lamenti se quanto matematicamente stabilito non sarà rispettato dagli eventi metereologici eccezionali!
  3. Esempio per esempio, ecco cosa in America si intende per conservazione della natura, degli habitat, della biodiversità e lotta ai cambiameti climatici: è di questi giorni la ripresentazione al Congresso (il Parlamento USA) di una legge federale il cui scopo è la designazione 9,3 milioni di ettari di nuove Aree Wilderness (intoccabili!), la difesa di 1.118 km di fiumi intoccabili (Wild and Scenic Rivers!), far risparmiare ai contribuenti centinaia di milioni di dollari eliminando il disboscamento sovvenzionato dallo Stato e la costruzione di strade in aree che sarebbero designate come Wilderness, stabilire una serie di “aree di recupero” (“wildland recovery areas”) di terre selvagge grazie a lavori di ripristino che annullino i danni causati da passate attività distruttive come il disboscamento e la costruzione di strade, nonché altre misure di salvaguardia ambientale, di mitigazione degli effetti del cambiamento climatico ed habitat di specie a rischio, quali orsi grizzly, lupi grigi, trote toro, ghiottoni, linci canadesi, galli delle praterie e bisonti. Quando si dice fare sul serio e fare VERA CONSERVAZIONE! Non i SIC, ZSC e via dicendo europee, dove si pretende di fare le stesse cose vincolando d’imperio le proprietà private a spese dei proprietari, come è per quasi tutti i nostri Parchi Riserve! Che, infatti, proprio per questo, continuano a restare a rischio di interventi e abusi vari da parte dei legittimi proprietari, siano essi singoli privati o Comuni. Da noi, ed in Europa in genere, non si acquistano i terreni di queste supposte “aree protette” per evitare spese pubbliche, ma si spendono poi milioni di euro per la loro gestione e amministrazione! Per non dire poi della strategia europea per il “ripristino della natura”, che sicuramente diverrà un business per tanti, con ben pochi ripristini, e certamente nessuno smantellamento di strade! Loro per combattere i cambiamenti climatici smantellano strade, noi costruiamo il ponte di Messina (lo ha detto un noto politico)! Poi c’è qualcuno che critica il fatto che si porti spesso l’esempio Americano quando si parla di conservazione di aree naturali e di gestione dell’ambiente, della fauna e della flora!

Murialdo, 25 Maggio 2023                                                 Franco Zunino

                                                                                   Segretario Generale AIW