Una delle tante più o meno anonime studiose di ultima generazione dell’Orso marsicano ha sostenuto, convinta di dire una grande verità, che «Noi non abbiamo fallito, abbiamo scelto di stare dalla parte dell’orso». Come se prima nessuno fosse stato dalla parte dell’orso. Come se mai prima qualcuno avesse sofferto, si fosse battuto (anche rimettendoci economicamente, cosa che non crediamo sia ancora successo a quest’ultima generazione di “esperti da tavolino”; anzi, più probabile il contrario!) mettendoci «professionalità e passione» per salvare l’orso marsicano! E no, cara orsofila di ultima generazione, se avesse studiato un poco di storia dovrebbe sapere che lei è solo l’ultima arrivata, con l’arroganza classica della gioventù (la stessa che avevamo noi, peraltro, ma forse meno presuntuosi e più inclini ad ascoltare chi con l’orso aveva convissuto per generazioni e generazioni: e mi riferisco alla gente dei paesi dell’orso!), perché prima di lei tanti altri hanno fatto di tutto per salvare l’Orso marsicano, a partire da Erminio Sipari che pure l’orso aveva cacciato, e senza il quale oggi Lei non sarebbe qui a tranciare giudizi auto-laudativi per un, almeno finora, grande fallimento. Certamente l’unico che non può dire di aver fatto di tutto per salvare l’orso è proprio l’organismo statale che vi era preposto! E prova ne è che, in questo “tutto” non esiste nulla di quanto lo scrivente da decenni va richiedendo: limitazioni al turismo escursionistico (turismo invece favorito, anche nei recessi più intimi dell’orso!), preservazione del pascolo ovino, semina di campi di mais, grano e carote e riduzione di cervi e cinghiali. Il vostro “tutto” sono stati solo trappole acchiappa orso, sedazioni (con relative mortalità accidentali!), radiocollari e giochini davanti ai computer, continui conteggi e stime di vivi e di morti e ricerca di improbabili responsabilità, convegni, incontri e bla bla bla infiniti con le altre autorità meno che con quella che aveva ed ha ancora il potere di agire (non si critica la fonte dei propri interessi, pena la loro perdita!).

Ma non si rende conto che parlare di «rieducazione dell’orso (Juan Carrito) ad una vita selvatica», è ridicolo, visto che Juan Carrito non è nato in gabbia, ma nella libertà delle sue montagne? Si rieducano gli animali nati in cattività o in cattività tenuti per lungo tempo, non gli animali nati in libertà, dove, se hanno imparato qualcosa di sbagliato, come è stato nel caso di Juan Carrito, è perché qualcuno lo ha portato ad una tale diseducazione! Ed è agendo in quel mondo dove Juan Carrito è nato e cresciuto che lo si può rieducare ad una vita all’aperto diversa da quella che gli aveva insegnato la sua mamma – condizionata dall’uomo (chi?). E’ non chiedendosi perché e chi sia stato a farlo, che porta a non risolvere il problema, perché di questo problema non si vuole mai andare alla radice (sperando che non sia perché se si va alla radice si rischia di trovarvi tanti supposti ed arroganti “orsofili” amici dell’orso)!

Se Juan Carrito deve “mettere la testa a posto” la prima cosa da chiedersi è come mai quella sua testa non sia a posto, visto che è nato in natura; o su cosa gli sia successo che gli ha inculato in testa il fatto che il cibo si trova solo più nei paesi anziché nelle sue montagne. L’educatrice è stata la mamma, vero, anche lei “educata” da qualcuno o da qualcosa – con tanto di nome umano affibbiatogli – ma questa mamma era, appunto, a sua volta ammalata di “ominidite”; e allora bisogna cercare da dove gli veniva questa malattia. Peccato che nessuno lo abbia mai fatto, forse per paura di giungere proprio alla fonte del problema, col rischio di trovarvi dei responsabili con tanto di nome e cognome!

Non si deve «credere nei sogni» come ha detto la suddetta orsofila: bisognava fare in modo che i sogni si avverino, ed è questo che non è stato fatto! E che ci si ostina a non voler fare! Oggi, di fronte a questa sconfitta, se fossimo in politica sarebbe il caso di dire: fuori tutti e ricambio ai vertici (ma non ricambio generazionale, bensì di dirigenti e tecnici)! In pratica, dopo anni ed anni di fallimenti, i due ultimi annunci delle autorità ai media non suonano altro che come proclami giustificativi. Ed sono segno di una sconfitta; ma forse anche un successo, un primo passo prima della resa. E se ci sarà una resa e poi un cambio ai vertici, forse solo allora l’orso si salverà (sono ormai trascorsi dieci anni da quando lo scrivente richiese un “Commissario straordinario all’Orso marsicano”: forse il momento è giunto). Come avviene per tutte le dittature e le autarchie, per le quali le sconfitte sono sempre di chi le contesta, mai le loro. Ultimo esempio lo scontro tra quella Russa e il desiderio di libertà dell’Ucraina. In fondo anche Juan Carrito non vede l’ora si perdere l’ombelico che lo legava alla sua mamma Amarena, povera orsa costretta a frequentare conigliere e pollai per sopravvivere.

  

Murialdo, 15 Marzo 2022

Franco Zunino
Segretario Generale AIW
(già primo studioso sul campo dell’Orso marsicano)

15 marzo 2022

Juan Carrito: ma veramente “non hanno fallito”?

Una delle tante più o meno anonime studiose di ultima generazione dell’Orso marsicano ha sostenuto, convinta di dire una grande verità, che «Noi non abbiamo fallito, abbiamo scelto di stare dalla parte dell’orso». Come se prima nessuno fosse stato dalla parte dell’orso. Come se mai prima qualcuno avesse sofferto, si fosse battuto (anche rimettendoci economicamente, cosa che non crediamo sia ancora successo a quest’ultima generazione di “esperti da tavolino”; anzi, più probabile il contrario!) mettendoci «professionalità e passione» per salvare l’orso marsicano! E no, cara orsofila di ultima generazione, se avesse studiato un poco di storia dovrebbe sapere che lei […]