La svolta ambientalista anti-conservazionista… di certi ambientalisti! Ed altro

  1. Renato Bazzoni, il fondatore del FAI, si starà rivoltando nella tomba! Lo aveva fondato ispirandosi al National Trust inglese, che conserva ambienti, paesaggi ed opere di valore storico e culturale, acquistandoli o facendosi garante della loro salvaguardai da parte dei proprietari. Certamente oggi Bazzoni non vorrebbe mai vedere una sfilza di pale eoliche sovrastare quei luoghi che il FAI acquisì nei primi anni della sua pionieristica iniziativa. Invece sembra proprio che anche il FAI voglia che quei luoghi siano paesaggisticamente violati, perché, come ieri ha scritto La Repubblica, “il paesaggio non è intoccabile”! Il problema è che dipende da cosa si intende per intoccabile. Un conto è sostituire, per dire, il castagneto ai boschi originari, o le vigne ai noccioleti e viceversa; i campi di grano a quelli di lavanda, a campi di girasole o a dei pascoli; e, perché no, una strada campestre con una strada provinciale; un antico castello con una villa. Un conto è alzare torri eoliche di strutture ultramoderne in paesaggi rurali. O costruire una diga inondando una vallata. O un nucleo industriale a fianco di un antico borgo. Per loro e per i redattori de La Repubblica pare che dire NO ai mega progetti eolici sia solo “ideologia”. Purtroppo per loro, è dire SÌ agli scempi delle torri eoliche e a tutte le strutture e sfasci sulle montagne per realizzarle, che è “solo ideologia”! Non esistono “progetti di cresta” che siano “sostenibili”: a meno che non si voglia semplicemente giocare con le parole come di solito fanno i politici e proprio per ragioni ideologiche! Allora tutto diventa sostenibile. La parola “sostenibile” è indicativa di moderazione, non di sfascio! Perché allora anche la guerra convenzionale che la Russia ha scatenato contro l’Ucraina senza (per ora!) l’uso del nucleare potremmo, in fondo, definirla una guerra “sostenibile”! Caso mai, sostenibili possono essere scelte di compromesso, con danni facilmente riparabili mediante futuri smantellamenti, quali possono essere gli impianti a mare. O anche i fotovoltaici in zone agricole di pianura che non abbiano valori paesaggistico-ambientali. O anche le centrali nucleari di ultima generazione. Ma mai lo scempio dei paesaggi montani e costieri dove per realizzare impianti si sfascia e stravolge la morfologia dei paesaggi (che non l’uomo, ma la natura ha creato: l’uomo li ha solo manipolati, a volte anche abbelliti, ma altre volte anche sciupati)! Ecco, decidiamo prima cosa si deve intendere per sostenibilità prima di dare retta a chi con le centrali eoliche e fotovoltaiche ci fa i miliardi (e poi magari andrà in vacanza dove i paesaggi sono ancora integri e anticamente rurali)! E, infine, è vero che, come ha detto Marco Magnifico, Presidente del FAI, “oggi a decidere se un impianto eolico va fatto oppure no, può essere un archeologo o uno storico dell’arte, quasi mai un architetto paesaggista”. Ma dove sta lo scandalo? L’importate è che, come diceva Mao Tse Tung, non è importante se il gatto sia bianco o nero, ma che sappia acchiappare i topi. Ovvero, l’importante che sia qualcuno che sappia apprezzare la bellezza! Vittorio Sgarbi, è uno di questi, a prescindere dal fatto che sia uno storico dell’arte! Ed è chi apprezza la bellezza, che deve stabilire se si può o meno sciupare un paesaggio, non un freddo tecnico che basa le sue scelte sulle direttive dei manuali!

    2. L’Isola di Stromboli, Eolie, la più selvaggia dell’arcipelago, è stata nuovamente interessata da una fuoriuscita di lava dal vulcano omonimo, lungo la nota Sciara del fuoco; e, al solito, sono sorti problemi di pericolosità pubblica a causa di onde anomale scatenate dal rovesciamento in mare della lava. Ancora una volta si evidenzia come una tale isola, che oltreché selvaggia è proprio anche pericolosa, sarebbe il caso di designarla in Area Wilderness e lasciarla al libero evolversi della forze della natura, anziché ostinarsi a lasciarla abitata per mere ragioni turistiche. E’ questo uno dei tanti casi italiani in cui una sana politica di prevenzione dovrebbe comportare una dislocazione sulle altre più sicure isole di quei suoi pochi residenti, abbandonando anche quei settori dell’isola ritenuti sicuri, ma che lo saranno solo fino a quando le eruzioni vulcaniche anomale non stabiliranno che sicure non sono mai realmente state. In pratica, l’isola dovrebbe essere visitata, ma non abitata, caso mai concedendo agli abitanti che si traslocano altrove l’esclusivo diritto di compensativo di farsi accompagnatori di escursioni turistiche, marine e terrestri.3. E’ vero che il consumo del suolo è uno dei problemi della società moderna (mondiale e non solo italiana!). In tanti si battono per la sua riduzione, ed è cosa buona e giusta. Ma non sarebbe più facile, più giusto, più ottenibile, per intanto proporre che questo “consumo” cessi almeno per la parti rimaste ancora di ambiente naturale non urbanizzate? Ovvero, designare delle Aree Wilderness, almeno all’italiana se proprio non si vuole proporre quelle eccessivamente severe all’americana? Purtroppo, le società si evolvono, la popolazione cresce, e le abitazioni crescono. Lo steso “bisogno” ad personam cresce. La gente non vive più nei tuguri, ed è logico che si vogliano case sempre più ampie e comode: per non dire delle iniziative industriali, che poi sono legate allo sviluppo delle società, ovvero inevitabili. Gli stessi giornalisti ed ecologisti che si battono contro il consumo del suolo, sono certi di essere coerenti? Si sono mai chiesti quanti metri quadrati più del necessario occupano per lo le loro “esigenze” e famiglie? Vero, come ha scritto Mario Tozzi, che ogni giorno, si divorano 19 ettari di territorio al giorno, ma come si spensa di impedirlo? Designando “wilderness” (leggasi divieto di proseguire ad urbanizzare) borgate, paesi e città? Quanto non si riesce neppure ad impedire una strada forestale nel momento che qualche cittadino ne esige la realizzazione? Ecco, se ne scriva pure di questo problema del consumo di suolo, ma si sappia che in fondo è un parlare di utopia. E solo con le piccole cose che si ottengono le grandi. Accontentarsi di ridurre il consumo, questo sì, ma illudersi di impedirlo del tutto, è mera utopia. Ed è iniziando a bloccare l’urbanizzazione almeno nelle aree dove la fattibilità abbia una certa ragionevole possibilità di riuscita, che la si può frenare (appunto, le aree naturali da far rimanere selvagge per sempre). Se non riusciamo ad ottenere almeno questo, che senso ha puntare all’utopia del fermare lo sviluppo dei centri abitati e delle città? Al massimo potremo ottenere la costruzione di sempre più grattacieli, che sarebbe già una soluzione. Ma chi potrà mai impedire a tanti cittadini di volere le loro ville in montagna e al mare? E quanti sono gli intellettuali che predicano contro il consumo del suolo, ma per primi vogliono poi conservarsi le tante doppie, terze e via dicendo, case? O ce la vogliamo prendere solo contro gli industriali? Certo, poter ridurre il consumo del suolo come hanno fatto alcuni paesi stranieri evitando tanti sciupii di paesaggio è già qualcosa, ma se neppure si riesce ad ottenere che almeno nelle aree protette si fermi il consumo del suolo e delle foreste (e sarebbe facile: basterebbe che i Parchi spendessero più euro per acquisire i diritti sul suolo, anziché sperperarli in eccessi di stipendi, amministrazioni, uffici, mobilio, automezzi, ecc.). Ecco, potremo mai giungere alla riduzione del consumo del suolo se neppure ci riusciamo nelle aree protette?

    4. Che i lupi abbiano predato il Pony di Ursula von der Leyen, va bene, nel senso che in fondo è cosa che rientra nella norma di questi lupi europei affamati di spazio naturale (che non hanno più!) e costretti a predare tra case e paesi, ma che ci siano prove provate, video e testimonianze indiscutibili di tentativi di predazione su donne e bambini, no, non è accettabile! Eppure siamo a questo punto. E tutti tacciono, specie gli animalisti e i lupofili, che è proprio amando all’eccesso il lupo, che stanno facendo cresce a dismisura quell’antico odio verso la “belva” che eravamo riusciti a debellare, seppure mentendo all’opinione pubblica. Disinformazia, disinfomazia! Se ha funzionato in politica (e funziona ancora là dove la hanno “inventata”) magari funzionasse anche per il lupo: in fondo, da noi ce lo insegnò anche Mussolini, quando diede ordine di non pubblicare più notizie di cronaca nera, affinché gli italiani si illudessero di non avere problemi di delinquenza comune. Ecco, se ci limitiamo a vedere i lupi come ce li descrivono i documentari dei loro amici, e commentati dagli amici degli amici, stiamo pur certi che il problema lupo continuerà a non esistere, almeno sui media… E avremo così apparentemente sì risolto il problema, ma senza che sia affatto risolto. E i lupo ritornerà – sarà portato! – ad essere a rischio di estinzione. “Il fascismo non l’abbiamo inventato noi giovanotti in camicia nera, ma i socialisti. Con la loro stupidità hanno fatto nascere l’avversario che li avrebbe distrutti. Volevano la rivoluzione bolscevica ed erano così fessi che, invece di prepararla in silenzio, gridavano tutti i giorni di avere già vinto” (Giampaolo Pansa, in Contro Storia d’Italia: Eia eia Alalà). Ecco, si sostituisca fascismo con lupo, socialismo con lupofili, e avere già vinto con direttiva europea e si capisce per quale motivo il lupo sta rischiando di essere nuovamente quasi sterminato!


  2. Ancora ricatturare Juan Carrito? Ma per cosa? Per la soddisfazione di monitorarlo? Ma lo vogliono capire che sono state anche queste continue manipolazioni che hanno creato una popolazione di orsi marsicani sempre più domestici?
  3. “Siamo qui per superare gli stereotipi che il lupo porta con sé”, hanno dichiarato Paola Monga, coordinatrice delle guardie zoofile dell’Oipa di Piacenza, Fabiana Ferrari del Piacenza Willdife Rescue e Enrico Merli zoologo della Regione, durante un ennesimo inutile incontro sul lupo ed i suoi problemi. Peccato che per superali, anche loro abbiano utilizzate “stereotipi” di dichiarazioni, come ad esempio: “Il lupo è animale schivo non pericoloso per l’uomo”. Peccato che non sia la verità, visto che il lupo si fa vedere da tutti anche in pieno giorno e nei centri urbani o loro prossimi, spesso dimostrando di non avere alcuna paura dell’uomo. “Falsa la notizia che sia stato reintrodotto. Nessuno li ha immessi e nessuno li deve togliere”. Certo, a Piacenza, nessuno li ha immessi, ma altrove? Esistono infatti prove se non provate, almeno molto discutibili sulla loro improvvisa comparse sulle Alpi, specie all’inizio del processo di “ritorno del lupo”, quando i suddetti “esperti” magari erano ancora infanti. Che poi nessuno li debba togliere, è solo segno di arroganza, perché è la maggiorana di chi governa che potrà stabilire se toglierli o ridurli. Se non altro per rispetto delle regole democratiche. “I branchi sono composti da un massimo di otto esemplari”. Peccato che vi siano prove provate e documentate di branchi formati da decine di individui! “Non si registrano attacchi all’uomo da cent’anni”. Peccato che in tutto il mondo la cronache ci hanno rivelato di aggressioni all’uomo, anche mortali e  vere predazioni, relative agli ultimi decenni, e che queste prove le abbiano anche riportare alcuni studiosi in pubblicazioni scientifiche.  E, poi, la solita dichiarazione che secondo l’ISPRA i lupi in Italia sono solo 3.300; dato che fa a pugni con la biologia del lupo e con la matematica! Stereotipi per stereotipi, a chi dobbiamo credere?

  

Murialdo, 10 Dicembre 2022

Franco Zunino
Segretario Generale AIW