IL CERCHIO DELLA VITA

In nessun luogo come in Africa si capisce l’interdipendenza della vita sulla Terra, dove tutti vivono a spese di altri, in un circolo che è la vita stessa.

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Il testo della famosa canzone cantata da Elton John è stato in realtà scritto dal paroliere Tim Rice, che l’ha poi anche adattata, con altre due versioni, alle esigenze sonore del film della Walt Disney. La traduzione qui pubblicata, fatta da Roberto Eccettuato con revisione di Davide Frezzato, è stata anche rielaborata da Franco Zunino, il quale l’ha anche integrata con strofe delle altre versioni, nonché emendata delle parti ripetitive così da renderne logico il senso; senso che viene commentato strofa per strofa per una sua migliore comprensione.

Dal giorno in cui arriviamo su questa Terra
e, sbattendo le palpebre, osserviamo il sole,
abbiamo molto da guardare,
più di quanto possa mai essere visto;
molto da fare, più di quanto possa mai essere fatto.

Ci si riferisce alla nascita degli animali ed alla loro scoperta del mondo che li circonda; un mondo di cose infinite, dove ognuno vive per i propri molteplici bisogni.

Alcuni dicono: «mangia o vieni mangiato».
Altri dicono: «vivi e lascia vivere»;
ma tutti sono d’accordo
quando si uniscono al fuggi fuggi generale.
Non dovresti mai prendere
più di quello che dai.

Ecco il senso del cerchio della vita, dove prede e predatori devono, o cercare di sopravvivere ricercando e divorando le risorse di cui si nutrono, o fuggire per non divenire esse stesse prede; ci si rivolge prima a tutte quelle che all’assalto dei predatori fuggono in ogni direzione, e poi ai predatori che dovrebbero catturarne solo il necessario.

Nel cerchio della vita
tutto dipende dalla fortuna,
dal balzo fiducioso,
dalla speranza;
fino a che troviamo il nostro posto
sul disteso sentiero.
Nel cerchio, nel cerchio della vita.

Nel cerchio della vita sopravvivere o morire è tutto lasciato al caso, dal fortunato balzo per fuggire o per catturare, sperando in una fuga o in una cattura, perché ognuno occupa un suo posto, per essere predato o per salvarsi e continuare a vivere e perpetuare l’eterno ciclo.

Alcuni di noi cadono lungo la pista;
altri si elevano verso le stelle;
alcuni superano le nostre tribolazioni
mentre altri devono vivere con le cicatrici.

Il riferimento è alle prede che cadono sotto l’assalto dei predatori terricoli o portati in cielo tra gli artigli dei rapaci; alcune catturate ed uccise, chiudendo così la loro vita, altre sfuggite ferite alle zanne ed agli artigli.

C’è in effetti troppo da prendere qui;
molto da trovare, più di quanto possa essere trovato.
Ma il sole avanza alto
nel cielo color zaffiro,
sostentando grandi e piccoli nell’infinito ciclo.

E’ un mondo ricco di risorse, dove il cibo non manca per nessuno, durante l’alternarsi del giorno e della notte, dove il sole sostenta tutti gli essere viventi con l’azione della luce e del calore.

E’ il cerchio della vita
che fa muovere tutti noi con disperazione e speranza,
con fede ed amore.
Fino a che troviamo il nostro posto
sul disteso sentiero.

E’ il cerchio della vita che tutti fa vivere o morire ma che alla fine mette ognuno al proprio posto nel ciclo, nessuno inutile e tutti utili nel mondo naturale.

Nel cerchio, nel cerchio della vita.

Il cerchio della vita come concetto ecologico può quasi dirsi sia stato scoperto dai più solo dopo l’uscita del film della Walt Disney, Il Re Leone (The Lion King). Pubblicizzato soprattutto dalla colonna sonora cantata da Elton John, nell’originale, e da Ivana Spagna nella versione italiana, quel film in cartoni animati e la sua colonna sonora racchiudono però uno dei tanti messaggi nascosti presenti nella letteratura, nel mondo delle canzoni e dei film. Messaggi che finiscono per essere incompresi, travolti come sono dal successo delle opere che li contengono, le cui trame e passaggi musicali tutti seguono od ascoltano senza mai approfondire il senso delle parole o le morali in esse nascoste. Il Re Leone è forse il maggiore esempio di questi che si possono definire “messaggi nascosti”. Il Re Leone ha avuto successo, come tutti i cartoon della Walt Disney, soprattutto tra gli amanti degli animali, i quali, però, presi come sono nell’enfatizzare l’amore verso le creature viventi, spesso dimenticano, ignorano o, peggio, non vedono, la realtà della vita, facendoli scagliare contro ogni atto, iniziativa od attività dell’uomo che possa danneggiare gli animali; senza rendersi conto che l’uomo stesso è un animale e che, come il leone del film, appartiene allo stesso ciclo e ne è dominatore per esigenze stesse del ciclo vitale. In Africa, senza il leone molte specie rischierebbero l’estinzione! Il suo essere un superpredatore, quale è anche l’uomo, ha una funzione ben precisa in un ciclo vitale dove ogni essere vive e muore condizionato dalla vita e dalla morte di altri esseri. Un ciclo che è stato così bene evidenziato nel film Il Re Leone proprio perché ambientato in un luogo dove lo stato di wilderness non solo è ancora integro, ma è anche più appariscente che altrove. Un ciclo di vita e di morte che ben si percepisce visitando le lande ed i Parchi africani, dove ogni essere vivente è interdipendente dall’altro, uomo compreso (se non fosse per i divieti – a sua tutela! – che ne impediscono il completamento). Un messaggio che, purtroppo, spesso proprio i turisti non riescono a leggere, tanto sono presi a scattare fotografie e ad apprezzare la vitalità che in quei luoghi si materializza ad ogni passo, e dove la morte quasi mai appare ai loro occhi, nascosta nelle calde notti e nei luoghi più selvaggi ed isolati. Così succede che poi questi turisti ritornino alle loro case ed esprimano il loro amore idilliaco verso quegli animali, da paradiso terrestre, ignorando il messaggio che l’Africa ha lanciato loro: che la vita e la morte fanno parte di un unico ciclo e che cercare di impedire la seconda con motivazioni umane estranee al ciclo della vita è semplicemente un errore, mentre andrebbe meglio compresa la sua funzione interdisciplinare; quella funzione che anche permette all’uomo di vivere grazie all’esistenza di altri esseri animali e vegetali.

di FRANCO ZUNINO