E’ un fatto storico che il termine “conservazione” sarebbe stato utilizzato per la prima volta in senso vincolistico dal tecnico forestale americano prestato alla politica, Gifford Pinchot, quando ai primi del Novecento fu incaricato dal Presidente Theodore Roosevelt di occuparsi delle ampie distese di suoli demaniali appartenenti alla Federazione americana (in verità, più o meno giustificatamente sottratti ai nativi, ai quali solo in pochi casi e con difficoltà, gli si volle riconoscere il diritto ancestrale di proprietà: poi limitato a poche Riserve, sempre più ristrette!), e che, forse anche su sua proposta, furono designati in Riserve Forestali Nazionali.
Un termine, “conservazione”, che però negli ultimi tempi in Italia viene sempre più spesso utilizzato dai cacciatori, ritenendolo consono alla loro pratica, ovvero definendosi “conservazionisti”, termine peraltro “ufficializzato” anche da autorevoli prese di posizione, come, ad esempio, ha recentemente fatto, toccando quest’argomento, il dott. Francesco Santilli (Agronomo Forestale e Tecnico faunistico toscano) in un suo intervento nell’ambito di un convegno sulla caccia tenutosi a Monteroni d’Arbia, Siena).
Nella sua argomentazione egli dà una spiegazione della radice latina da cui deriverebbe il termine conservazione (“servare”), spiegando come la sua radice latina significhi “mantenere, custodire” («Conservazione è in effetti la parole chiave perché con questo termine si intende la gestione attiva delle risorse naturali – quindi anche il prelievo – facendo in modo però di mantenere nel tempo le risorse stesse»). Ma non per questo il termine in uso oggi può definirsi equivalente al senso e/o significato che gli volle dare Gifford Pinchot! Anzi, proprio il contrario! Pinchot si dice che aborriva i termini “protezione” e “preservazione” (quest’ultimo, negli USA, in uso ancora oggi e con il significato che aveva fin da allora).
Ha sostenuto Santilli: «A Pinchot non piacevano i termini protezione o preservazione che implicano che le risorse naturali devono rimanere sotto chiave ed inutilizzate». Solo che con l’evoluzione del pensiero dei naturalisti americani, oggi “conservazione” significa proprio quello che Pichott aborriva: protezione e preservazione! In realtà il significato che Pinchot voleva dare a “conservazione”, oggi, piuttosto e verosimilmente, può associarsi al termine attuale di “gestione”.
Ecco perché sbagliano i cacciatori quando si definiscono “conservazionisti”. Conservazionista è chi vuole una protezione integrale della componente naturale degli ambienti e della natura, e non necessariamente riferito alla fauna, ma piuttosto alla preservazione delle foreste e ambienti in genere, nonché ai territori in senso urbanistico (come nel caso delle Aree Wilderness, dove infatti la caccia è generalmente consentita). Perché è cosi che in America ormai da oltre cento anni viene utilizzato il termine “conservazione”, scontrandosi proprio con i nuovi seguaci della politica forestale di Pinchot, più volta allo sfruttamento delle foreste che non alla loro conservazione.
Non dimentichiamoci che per John Muir, il famoso naturalista suo contemporaneo, Pinchot fu l’Attila che in California fece devastare la bellissima valle gemella di Yosemite con la famigerata diga chiamata Hetch Hetchy, contro la quale proprio il naturalista conservazionista (per certi versi non sempre favorevole alla caccia) John Muir si batté fino alla fine dei suoi giorni, perdendo la battaglia proprio perché, come egli sosteneva, tutto quello che è monetizzabile finirà per distruggere la Natura! La diga Hetch Hetchy è infatti stata una imperiosa vittoria dello sviluppo sulla conservazione (assieme a quella poi realizzata sul Fiume Colorado, negli USA, uno dei più disastrosi sbarramenti fluviali!); oggi quella diga può quasi ritenersi un monumento negativo alla memoria di Pinchot, almeno per chiunque ami la natura selvaggia e lotta contro il prevaricare degli sviluppi della sempre più moderna civiltà.
Il merito di Pinchot fu solo quello di essere stato il primo sano “gestore” delle risorse naturali, un esempio ancora oggi ammirevole ma solo per tecnici idrici, urbanisti, forestali ed agrari: ma non certo un conservazionista come lo intende oggi chi ama la Natura e la vuole preservare nella sua integrità!
Purtroppo, in Italia, va riconosciuto, anche e forse proprio a causa dell’uso del termine “conservazione” diffuso, soprattutto e primariamente, dall’Associazione Italiana per la Wilderness fin dagli anni ’70 e ’80 del secolo scorso (raramente si trova nell’editoria questo termine prima di quegli anni), sta il fatto che molti cacciatori lo stiano sempre più speso utilizzando, e spesso così definendosi (conservazionisti). Ma sbagliano: essi dovrebbero piuttosto definirsi “gestori della natura”. Infatti, tutti i praticanti la vita all’aria aperta, che non si occupano anche della difesa dei territori dove sfogano le loro passioni praticando le attività che più gli aggradano, non possono definirsi “conservazionisti”. Sono solo escursionisti, alpinisti, camminatori, ornitologi, fotografi o… cacciatori! Conservazionisti, caso mai e non con riferimento alla sfera venatoria, potrebbe così definirsi solamente quella frangia di cacciatori che, come in America, oltreché pensare a gestire la fauna selvatica a scopo di predazione, si interessano, come in genere fa il mondo dei naturalisti, anche della conservazione dell’ambiente nel senso di “protezione” dei territori dove vanno a praticare la caccia, come sosteneva Aldo Leopold. E, in questo caso, onore al merito a questi cacciatori (che non per nulla in America hanno anche creato una loro associazione in difesa delle Aree Wilderness; alla quale non è che aderiscono tutti i cacciatori d’America, anzi!).
Secondo Santilli, invece: «La caccia conservativa può diventare invece paradigmatica di un uso saggio delle risorse naturali». In realtà un ossimoro! Prova che non poteva essere questo il senso che Pinchot dava al termine conservazione; forse adattato per opposizione al “preservazione” allora già in uso proprio per il suo intrinseco e indiscutibile significato che lui aborriva*.
D’altronde, come si può mantenere e custodire senza… preservare e/o conservare? Ovvio che il senso che gli volle dare Pinchot non fosse propriamente questo, ma, caso mai, quello di “gestore” (manager)! Un termine che, però, se vale quando si parla di prelevamento di risorse naturali, non vale più se naturalisticamente si parla di preservarle. Infatti è gestendo, nel senso di manipolarle, le risorse naturali, che se ne stabilisce e permette un prelevamento produttivo, equilibrato e rinnovabile. Ma questo vale solo quando si ragiona in senso economicista, non certo in senso… conservazionista! Infatti, per farlo l’uomo deve intervenire, tagliare alberi, deviare fiumi, prelevare, favorire e/o ridurre popolazioni faunistiche. O, quando si mira solo alla produzione e/o miglioria di certe popolazioni faunistiche, magari con azioni che dal punto di vista conservazionista sono molto discutibili. Ad esempio, negli USA c’è forte opposizione all’asportazione – con mezzi meccanici e/o con incendi – dei cespuglieti di ginepro per favorire gli habitat dei galliformi di prateria.
Non per nulla, lo stesso epico e storico scontro di Pinchot con John Muir (che pure, per certo tempo, gli fu amico) ne è la prova. Muir voleva CONSERVARE o preservare, mantenere, l’integrità della spettacolare valle del Fiume Toulumne nel cuore della Sierra Nevada e a fianco della più nota Yosemite**; Pinchot la voleva invece sfruttare, utilizzare, come risorsa rinnovabile si direbbe oggi.
Per cui, se “servare” è all’origine di “conservare”, tanto più lo è il “preservare”; segno quindi che Pinchot sbagliò nella sua interpretazione, probabilmente spinto dalle sue idee personali più volte allo sfruttamento delle risorse naturali che non alla loro… conservazione! Ecco perché oggi, se John Muir è divenuto un simbolo per gli odierni conservazionisti americani, Gifford Pinchot ne è l’esatto contrario, caso mai il Trump dei suoi tempi!
* Oggi tutto l’alto bacino della valle del Fiume Merced (più noto come Yosemite) e così quello del Toulumne, sono interamente compresi nel Parco Nazionale di Yosemite, ed anche designati in una intoccabile Area Wilderness; che non era certo quanto avrebbe voluto Gifford Pinchot! Ma non solo, anche gran parte della Sierra Nevada che circonda a nord e a sud questo Parco è stata integralmente conservata senza quella possibilità di interventi che avrebbe voluto Pinchot («…le risorse naturali [non] devono rimanere sotto chiave ed inutilizzate», sosteneva), inserita in altri Parchi Nazionali e in Aree Wilderness per un totale di oltre un milione e mezzo di ettari! Esattamente l’opposto di quanto avrebbe voluto che fosse Gifford Pinchot, quando designò questi territori Forest Reserve! E che, qualora fosse stato ancora vivo e attivo nella pubblica amministrazione americana, certamente sarebbe stato tra i più strenui oppositori del Wilderness Act, la legge che ha vincolato in forma “conservativa” e/o “preservativa” in quel paese oltre 100 milioni di ettari di montagne, foreste, coste, paludi, ecc.)!
** Il termine “preservation” (preservazione) fu formalmente utilizzato la prima volta dal Parlamento dello Stato di New York quando, sostenuta dall’avvocato e deputato Louis Marshall (il padre del più noto Robert “Bob” Marshall, poi ideatore e fondatore della Wilderness Society), nel 1895 fu approvata la legge che designava due grandi Riserve Forestali dello Stato per sottrarle agli eccessivi sfruttamenti forestali che se ne stava facendo, e che furono vincolate proprio come Forest Preserve da mantenere integre e selvagge per sempre (“forever wild”), nel senso che non le si poteva sfruttare commercialmente: ovvero, proprio l’opposto del successivo pensiero di Gifford Pinchot quando fu messo a capo del Servizio Forestale Nazionale!
Murialdo, 3 Aprile 2025
Franco Zunino
Segretario Generale AIW
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